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sabato 13 aprile 2019

OBESITÀ E DIABETE, ALLARME IN ITALIA E NEL MONDO


Innanzitutto è un fenomeno sottostimato. Per ogni tre persone con diabete di tipo 2 diagnosticato ce n’è una che non sa di avere il diabete; inoltre le ultime stime dicono che, per una persona con diabete noto, ce n’è almeno un’altra ad alto rischio di svilupparlo (cioè con ridotta tolleranza al glucosio o elevata glicemia a digiuno).

In secondo luogo è una patologia in forte crescita. In Italia, secondo i dati Istat del 2016, sono oltre 3,2 milioni le persone che dichiarano di avere il diabete, passando così negli ultimi trent’anni dal 2,9% al 5,6% dell’intera popolazione, principalmente per tre motivi: l’invecchiamento generale, l’aumento della sopravvivenza dei malati e l’anticipazione dell’età in cui si diagnostica la malattia.

In terzo luogo, oltre ad essere legato fortemente allo svantaggio socio-economico con significative differenze in Italia a livello regionale e tra città e aree rurali. Il diabete – che conta oltre 74mila morti l’anno (9 persone l’ora) come causa iniziale o associata – impatta fortemente sulla spesa: in media ogni malato spende 2.600 euro l’anno per la sua salute, più del doppio rispetto ai concittadini senza diabete, incidendo per il 5,61% sulla spesa sanitaria e per lo 0,29% sul Pil.

Uno studio approfondito su una malattia di cui purtroppo si parlerà sempre più in futuro – secondo l’OMS nel 2030 sarà la quarta causa di morte al mondo –  lancia un allarme sulla “Diabesità”, ovvero sul legame ormai conclamato tra obesità e diabete. Emerge, infatti, che il 44% dei casi di diabete siano attribuibili a situazione di obesità o sovrappeso. Tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete è al 28,9% per gli uomini e al 32,8% per le donne. C’è un’ulteriore statistica che aumenta le preoccupazioni degli esperti e cioè che il rischio complessivo di morte prematura raddoppia ogni 5 punti di crescita dell’indice di massa corporea: una persona con diabete e sovrappeso ha un rischio raddoppiato di morire entro 10 anni rispetto a un diabetico di peso normale e una persona con diabete e obesa addirittura un rischio quadruplicato.

È opinione generale, osserva il rapporto, che l’obesità abbia ormai i caratteri di una vera e propria epidemia mondiale, tanto da preoccupare non solo il mondo medico scientifico, ma anche i responsabili della salute pubblica. I dati oggi disponibili ci indicano che le persone in sovrappeso, obese o con diabete crescono in tutto il mondo.

In Italia è sovrappeso oltre 1 persona su 3 (36%, con preponderanza maschile: 45,5% rispetto al 26,8% nelle donne), obesa 1 su 10 (10%), diabetica più di 1 su 20 (5,5%) e oltre il 66,4% delle persone con diabete di tipo 2 è anche molto sovrappeso o obeso. In pratica, sono sovrappeso quasi 22 milioni di italiani, obesi 6 milioni, con diabete quasi 3,5 milioni: «diabesi», ossia contemporaneamente obesi e con diabete, circa 2 milioni. Inoltre, secondo alcune stime, i costi diretti legati all’obesità in Italia sono pari a 22,8 miliardi di euro ogni anno e il 64% di tale cifra è speso per l’ospedalizzazione.

Nonostante ciò, l’obesità è una malattia cronica che fino a qualche anno fa è stata sottovalutata ed è, ancora oggi, poco curata. Purtroppo la situazione è ben diversa: l’obesità e il diabete rappresentano un problema di salute particolarmente preoccupante, tanto da configurarsi a livello internazionale come elementi di una “moderna pandemia”.

In quest’ottica agire sulla prevenzione, a più livelli e a diversi stadi della malattia, è fondamentale. La diagnosi tempestiva e il costante controllo delle persone con diabete, grazie a terapie di qualità, riducono del 10- 25% il rischio di complicanze minori (danni agli occhi e ai reni) e del 15-55% il rischio di complicanze più gravi (insufficienza renale cronica, patologia coronarica, perdita della vista). Inoltre, si stima che tali azioni siano in grado di ritardare di oltre 5 anni l’insorgere di complicanze e di prolungare la vita delle persone affette da diabete in media di 3 anni. Nel lungo termine, un simile miglioramento del quadro terapeutico consentirà una riduzione media dei costi di oltre il 30%.

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