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lunedì 6 maggio 2019

DALLA LIBERTA’ INDIVUDUALE AL BENE COMUNE: L'IMPORTANZA DELLA SCELTA



https://www.youtube.com/watch?v=sy6xRSeuo2w


Denzel Whasington nei panni di un templare in epoca post-nucleare, mantiene fede al proprio spirito attraverso la sua scelta, intuendo lo scopo della sua esistenza.

 Da Inferno canto III, vv. 34-51
 
Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.
       Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
       Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».
       E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor, che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
       Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte.
       Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
 


Dante, attraverso la scelta di incontrare per prime le anime degli ignavi, vuole trasmettere ai suoi lettori un messaggio chiaro: la folla di umani senza colpa  e senza meriti, rappresenta la maggioranza delle persone. Il fatto che in vita tanti si siano astenuti a prendere qualsiasi tipo di posizione non sminuisce affatto la gravità di una simile condotta. Certo, queste anime non hanno commesso peccati, ma non hanno neppure fatto qualcosa di buono. Non può averli l'inferno, e non li vuole neppure; ma la loro vita, apparentemente corretta, non basta di certo a ottenere l'accesso al Paradiso. La durezza di Dante qui ci chiama in causa, più che in qualsiasi altro passaggio dalla Commedia. Siamo sicuri di non vivere anche noi "sanza 'nfamia e sanza lodo"? Ogni giorno, la nostra vita, nelle comunità di cui facciamo parte, ci impone scelte, schieramenti. Non è facile e non è senza rischi vivere fino in fondo queste situazioni: il rischio di sbagliare, come il rischio di rimetterci, e perfino di perdere la vita, è alto. Ma è indispensabile che ognuno di noi trovi lo spazio adatto in cui incanalare la propria forma di impegno, di coraggio, di generosità. La libertà non è fare "ciò che voglio", o sottrarmi alle mie responsabilità, la libertà è partecipazione, impegno, perché da questo dipende il bene della collettività.
"Il gran rifiuto" di una delle anime degli ignavi porterà alla decadenza delle istituzioni papali e alla rovina di Firenze e dello stesso Dante che subirà l'esilio e lo stesso può accadere se noi non facciamo la nostra parte, se non ci spendiamo, se non siamo capaci di metterci in gioco.

Ieri come oggi, i peccati sono molti, ma non scegliere resta il peggiore di tutti. Uomini che non cercano nemmeno la loro passione, camminando sulla facile strada del guadagno, politici che saltellano tra i partiti politici come nel gioco della campana, giovani svogliati sul divano della rassegnazione. Lì si può vedere tutti passeggiare sulla via delle scelte non prese, in una immagine non così diversa da quella che raccontò Dante.
CONSEGNA: scrivi un tuo commento su quanto hai letto e sugli ignavi del nostro tempo, ovvero su chi evita di prendere posizione nelle piccole e nelle grandi questioni. E tu? Pensi di vivere la tua vita facendo delle scelte o ti adegui alla volontà della massa?

 

 
 
 

2 commenti:

  1. denzel whasington come un templare. buona

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  2. Nella società di oggi, esattamente come in quella in cui ha vissuto Dante, sono numerose le situazioni in cui l'ignavia può manifestarsi, ma uno degli ambiti più evidenti e ricorrenti, nel corso della storia, è sicuramente la politica.

    Gli ignavi danteschi, fra tutte le loro colpe, hanno anche quella di essere rimasti indifferenti di fronte allo scenario politico del tempo, decidendo di non parteggiare né per i guelfi, né per i ghibellini, o ragionando per convenienza schierandosi di volta in volta dalla parte del più forte.
    Si tratta di una situazione non dissimile da quella del nostro tempo, in cui sono molte le persone che decidono di astenersi dal voto o addirittura ignorano completamente la situazione politica della propria terra, dalla città in cui vivono allo Stato, segno di un completo disinteresse e di sfiducia nei confronti di un mondo che vedono come distante e incomprensibile. Spesso ci si dimentica di vivere in una democrazia, in cui è possibile far sentire la propria voce con un diritto, quello di votare, che viene invece considerato quasi inutile, nella convinzione che, in fondo, non cambierà mai nulla. I partiti che riescono a salire al potere vengono poi criticati per il loro operato da quella stessa gente che, non recandosi alle urne, non ha fatto nulla per impedire che arrivassero a governare, anzi ha lasciato che fossero gli altri a decidere al suo posto. Purtroppo, l'Italia, peraltro patria del qualunquismo nel secondo dopoguerra, ha una lunga tradizione in fatto di astensionismo che dura da più di quarant'anni. La generale (e per certi versi motivata) sfiducia verso il mondo politico ha soffocato quasi ogni forma di soddisfazione per la partecipazione attiva alla politica e per l'espressione di un diritto sacrosanto del quale spesso si sottovaluta l'importanza. L'uomo ignavo, del tutto privo di spirito critico e ignaro delle dinamiche sociali e politiche della realtà che lo circonda, non prende mai un'iniziativa concreta per costruire un'alternativa valida a quelle già esistenti, mettendosi in gioco, e nemmeno protesta per manifestare apertamente la sua opinione, ma preferisce l'indifferenza e una grigia apatia che di certo non aiutano a risolvere il problema.

    VERDEES004

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